I benefici dell'ascolto condiviso

Ascoltare specifiche canzoni in sedute d’insieme, può aiutare le persone a vivere meglio le proprie emozioni e a rielaborare in maniera funzionale le proprie esperienze

L’ascolto, specie se condiviso, innesca meccanismi di condivisione e di catarsi, un po’ come nella tragedia greca dove gli spettatori rivedendosi nell’opera, sentivano gli stessi sentimenti degli attori, immedesimandosi.

 

Questo portava all’espressione e quindi allo sfogo catartico appunto, di quelle emozioni/azioni che non erano permesse in altri momenti del quotidiano.

 

L’ascolto condiviso permette una maggiore consapevolezza negli ascoltatori, nonché un miglioramento dell’attenzione; tutto ciò è legato anche al piacere dell’ascolto e della condivisione, dando vita a dibattiti, discussioni e alla possibilità di raccontarsi al gruppo.

 

Da qui l’importanza di queste sedute, dove il musicoterapista sottopone al paziente delle canzoni “mirate” atte a dar inizio a uno specifico tipo di lavoro, o dove può chiedere ai pazienti di portare dei brani a cui sono particolarmente legati.

 

Le canzoni possono dare inizio al confronto su determinati argomenti, ad esempio se si lavora con persone che stanno lottando contro la dipendenza dalla droga, far ascoltare “Vita Spericolata” di Vasco Rossi può essere utile al fine di argomentare i singoli punti di vista, oppure raccontare la propria esperienza o ancora trattare il tema dello stigma sociale.

 

Un ottimo “strumento” di lavoro è la  musica d’autore data la grande rilevanza che il testo ha in questo tipo di composizioni.

 

Tanti sono gli autori le cui canzoni possono essere utilizzate in terapia, sia per aver trattato il tema del disagio psichico sia per il valore e la bellezza dei loro testi in sé, e sia per aver descritto gli stati d’animo degli uomini e la loro condizione con tale verità e profondità da consentirgli di arrivare a tutti.

Ha trattato con grande acume l’argomento dello stigma il grande Giorgio Gaber che nel brano “Dall’altra parte del cancello” contenuta nell’album “Far finta di essere sani” del 1973 pone il dubbio su quale sia il limite fra salute mentale e malattia.

 

Quando canta sarcasticamente “…Noi siamo sani, noi siamo sani, noi siamo normali, noi che sappiamo di contare sul cervello, siamo sicuri, siamo forti, siamo interi e noi dall’altra parte del cancello…”, mostra come certe normalità forzate nascondano in realtà profondi disagi.

 

Non si può poi dimenticare la canzone “Un matto- dietro ogni scemo c’è un villaggio” contenuta nell’album di Fabrizio de Andrè “Non al denaro, né all’amore, né al cielo” del 1971, ispirato all’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master. “Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole…”, attacca Faber con il solito meraviglioso lirismo, per poi mettere in luce l’epilogo triste di molti malati “…di chi ancora bisbiglia con la stessa ironia, una morte pietosa lo strappò alla pazzia".

 

Il professor Roberto Vecchioni, nell’album “Per amore mio” del 1991, canta nella canzone Tommy il dispiacere per il suicidio di un amico dentista, ponendo l’accento sulla sofferenza dell’amico che ha compiuto un gesto che non può essere giudicato da un punto di vista morale “…se l'hai messo vicino a un assassino, toglilo di lì Signore…”.

 

Poi accenna a una sorta di toccante senso di colpa, che nasce spesso in chi sopravvive a queste tragedie “quando poi sarà il momento digli che io c'ero e non ho fatto in tempo”. Nel complesso il testo trasmette una forte empatia per la persona che soffre, lontana da giudizi o ipocrisie.

Inoltre si ipotizza che l’ascolto potrebbe migliorare la metacognizione dei pazienti, ovvero la capacità osservativa e automodulante dei propri processi cognitivi.

 

Un altro fattore di rilevante importanza è l’identificazione con i cantanti e quindi con quello che raccontano. In base alla fascia d’età gli ascoltatori trovano riscontro con quello che provano nelle canzoni dei loro artisti preferiti, questo permette quel processo di rispecchiamento empatico che permette loro di esternare i propri vissuti e le proprie esperienze.

 

La tecnica dell’ascolto condiviso infine può essere integrata da delle schede col fine di favorire l’individuazione e il riconoscimento degli stati emotivi suscitati dall’ascolto dei brani, una sorta di palestra del sentire.

Queste schede vengono consegnate subito dopo la sessione d’ascolto, che di solito ha la durata di circa un’ora.

 

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Bibliografia:

Gaspare Palmieri e Cristian Grassilli: "Psicantria" Manuale di psicopatologia cantata.

La meridiana edizioni

 

Gaspare Palmieri e Cristian Grassilli: estratto dal materiale didattico fornito nel workshop tenutosi a Enna presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva “Aleteia”

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