La musicoterapia in Italia, part.2

Tali attività per prime stanno per essere inoltre eliminate nella fase di rimodulazione conseguente ai piani di rientro economici imposti alle regioni in deficit sanitario.

Nel complesso quadro in atto è essenziale a nostro avviso continuare a sostenere l’espressione e la comunicazione di tanti nostri concittadini facendo in modo che tali attività non vengano eliminate né ridotte dai centri convenzionati, prevedendo purtroppo i decreti attuativi l’inesistenza delle figure non regolamentate (che pur lavorando da una vita si troverebbero esclusi tra gli esclusi).

 

Ciò significa che il nostro paese rischia di gettare con l’acqua sporca anche il bambino, e cioè razionalizzando la spesa e realizzando il taglio lineare annullerebbe di fatto la ricerca educativa, riabilitativa e terapeutica, allontanandoci definitivamente dalla ricerca nel settore, che di fatto viene realizzata dai centri convenzionati con l’assunzione delle figure professionali innovative (e questo proprio adesso che lo sviluppo della fisica a livello internazionale delinea concretamente la possibilità di misurare e verificare l’influenza delle onde sonore sulle cellule viventi).

 

Nell’epoca dello sviluppo di questa disciplina quindi, a causa dei tagli lineari, si eliminano dai centri educativi, riabilitativi e terapeutici le figure professionali dei musicoterapisti e simili, con il rischio concreto di fermare la ricerca e lo sviluppo delle tecniche conseguenti; ciò comporta il blocco di fatto dello studio e dello sviluppo delle metodologie e delle strategie operative, con la conseguente ripetitività delle attività tradizionali, sempre più burocratizzate e ritualizzate a fini amministrativi e formali.

 

Le conseguenze di questo dato sono di un rientro, si, ma un “rientro” in una situazione pseudomanicomiale (non tradizionale ma apparentemente funzionale) nella quale al posto dell’educazione, della riabilitazione e della terapia troveremo domani automatismi costruiti esclusivamente sulla base del risparmio economico. I processi educativi, riabilitativi e terapeutici, una volta distaccati dallo studio e dalla ricerca condivisa ed interdisciplinare, globale e complessa, lentamente perderanno efficacia rischiando di innescare una diffusa perdita di entusiasmo da parte degli operatori sempre più bloccati e demotivati da criteri organizzativi coordinati, sempre più spesso, da figure di tipo contabile.

 

Ecco un esempio limpido del danno che compie un taglio lineare e della necessità, invece, della individuazione caso per caso di sprechi e spese ingiustificate.

L’approvazione della legge 4 del 2013 delle cosiddette professioni non regolamentate fa emergere la necessità di una riflessione su quelle professioni che pur non avendo alcuna regolamentazione operano di fatto e di diritto all’interno sia dei servizi e presidi sociosanitari che in quelli sanitari, nel pubblico e nel privato, anche se non rientrano nei requisiti minimi richiesti per l’autorizzazione e l’accreditamento.

 

La ratio della legge ricordata prevede una metodologia di riconoscimento della professione autoreferenziale ed autogestito, antitetico rispetto a quella utilizzata per le professioni sanitarie che prevede norme di riconoscimento e di accreditamento di tipo pubblicistico nella forma e nella sostanza a tutela dei cittadini.

 

Per evitare che possano operare nel Sistema Sanitario Nazionale professioni che avranno una legittimazione diversa da quelle sanitarie si potrebbe far rientrare il loro riconoscimento, almeno di quelle che contribuiscono direttamente all’attuazione del diritto alla salute, come il musicoterapista, nelle modalità previste per le professioni sociosanitarie, modalità non utilizzata affatto sinora, nonostante la loro alta validità (l'adesione alla legge 4 potrà continuare ad essere richiesta dalle associazioni musicoterapiche ad orientamento pedagogico).

 

Nel ricordare che con le integrazioni previste dall’art. 3 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, il d.lgs. 502/92 all’art. 3-septies legifera sull’Integrazione sociosanitaria definendole  prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione, nonché all’art.3 octies è prevista l’Area delle professioni sociosanitarie.

 

A tutt’oggi questa area non è stata istituita, nonostante la giusta intuizione del legislatore in un settore, quale quello sociosanitario, ad elevata espansione per l’attuale quadro demografico e quello epidemiologico e nonostante che la mutata denominazione del nome del Ministero da “della Sanità” a “della Salute” abbia espanso la mission del Dicastero in uno spettro di intervento e di competenza che va oltre la concezione  di ambito sanitario in senso stretto ma che, invece, sia aderente al concetto di salute, proprio dell’Oms e del diritto sancito dall’art.32 della Costituzione Repubblicana.

 

È bene ricordare, altresì, che l’unica figura istituita in aderenza a tale area sia l’Operatore Socio Sanitario ( nel settore assistenziale e distinto dal nostro)  mentre l’attivazione di quest’area delle professioni sociosanitarie potrebbe sia rivedere le criticità di alcuni profili, quali il doppio canale formativo universitario dell’educatore professionale in sanità e di quello nel sociale o l’incongruo inquadramento nel ruolo tecnico di alcune professioni quali  l’assistente sociale ed il sociologo che ne limita e circoscrive le potenzialità operative.

 

Ma l’attivazione di quest’area potrebbe offrire una legittimazione più adeguata a quelle professioni non riconosciute ancora nel SSN, in particolare nell’area dell’integrazione sociosanitaria, ma ritenute utili ed efficaci per il piano terapeutico, presenti in presidi sociosanitari pubblici e privati, ad iniziare dal musicoterapista.

 

A fronte di questa situazione non risolta il settore dei musicoterapisti a tutt'oggi brulica di proposte formative autoreferenziali che sviluppano maggiormente l'economia della docenza, ponendo sul mercato moltissimi pseudodiplomati condannati a far lievitare il mondo della disoccupazione, della precarietà, della sottoccupazione e del demansionamento.

 

Auspichiamo pertanto un dibattito che coinvolga operatori ed utenti per contribuire alla soluzione del tanto agognato riconoscimento.

Condividi


Scrivi commento

Commenti: 0