Musica e psicopatologia

Il rapporto fra creatività e disturbi psicopatologici: storie di musicisti e di follia

L’innovazione, il genio, la capacità di andare oltre le regole e schemi prestabiliti è da sempre peculiarità degli artisti e di tutti coloro che posseggono una mente creativa.,tutto ciò però ha anche i suoi risvolti oscuri.

Questo si sa e da tempo la letteratura scientifica studia le connessioni e le concause che generano la diade Creatività e follia.

 

Le personalità artistiche e creative in genere, sembra siano maggiormente soggette a un più alto rischio di sofferenza psichica.

 

Le persone che lavorano in ambito artistico sono quindi quelle che presentano un maggior numero di problematiche psichiatriche e per periodi più lunghi rispetto a quelle che lavorano in altri settori.

 

Si è ipotizzato che vi fosse una base genetica comune alla creatività e alla psicopatologia, infatti il DNA dell’espressione creativa ha delle affinità con quello della schizofrenia e del disturbo bipolare, ma non ci sono ancora prove scientifiche attendibili per poterlo affermare con assoluta certezza.

 

Altre ipotesi suggeriscono che probabilmente la musica e l’arte in genere attirino quelle personalità che hanno in sé delle particolari sensibilità, propensioni.. e disturbi.

Comunque sia, il rapporto tra creatività e disturbi psicologici è un legame che ha sempre interessato gli artisti, sia direttamente che indirettamente.

 

L’album dei Pink Floyd “The Dark Side of the Moon” parla di follia. È un album che in ogni suo aspetto parla dell’ex cantante Syd Barret.

 

Tutte le metamorfosi di David Bowie, rappresentano un estremo e continuo tentativo dell’artista di tenere insieme la sua personalità costantemente in bilico. A tal proposito è utile ricordare come molti dei suoi familiari compreso suo fratello soffrissero di schizofrenia.

 

Kurt Cobain soffrì da giovanissimo di iperattività con deficit dell’attenzione e poi in seguito alle droghe e agli eccessi fu vittima di una nera depressione e del disturbo di personalità borderline.

 

 Andando a ritroso nel tempo, il compositore Robert Schumann soffriva da sempre di crisi depressive e tentò più volte di suicidarsi, compose le “Variazioni Geister” a suo dire, sotto dettatura delle voci dei fantasmi che sentiva.

 

È difficile però dire se è la creatività che porta alla follia, o se una particolare personalità sofferente e/o disturbata è attratta dall’arte per lenire e dar valore al suo dolore.

 

Naturalmente una cosa non esclude l’altra; è stato notato come una malattia mentale possa favorire la creazione di opere artistiche di notevole valore.

 

Diversi studi dimostrano come gli artisti possano soffrire di disturbi psichiatrici anche gravi con entità superiori alla media e produrre opere eccezionali, ad esempio la schizofrenia, che è caratterizzata, tra l’altro, dall’associazione di idee inusuali e sconnesse tra loro, è stata la protagonista più o meno latente delle vite e delle opere di artisti come Barret, Nick Drake e Bowie.

 

 

Ancora: “Quadrophenia” degli Who, è un opera che parla dello sdoppiamento di personalità e riflette in modo abbastanza chiaro la condizione che stava vivendo in quegli anni Pete Townshend.

 

È stato notato come, alcuni disturbi di personalità siano legati alla creatività per ciò che riguarda il concetto di pensiero divergente. Questa forma di pensiero è un modo di processare l’esperienza più basata sulle libere associazioni, sulle connessioni inusuali, sul brainstorming e sul flusso di coscienza, non a caso questo tipo di personalità fu riscontrato in molti dei jazzisti degli anni ‘50 che facevano dell’improvvisazione il loro punto forte.

 

Il lato disfunzionale di questa forma di pensiero è il cosiddetto sensation seeking, ovvero la tendenza a cercare continuamente sensazioni forti ed estreme anche a costo di mettere in atto condotte rischiose.

 

A proposito di eccessi: Charlie Parker eccedeva col cibo, l’alcool e l’eroina; Chet Baker assumeva grosse quantità di speedball; Nick Drake consumava consistenti quantità di marjuana; ma la lista, si sa, potrebbe continuare all’infinito.

 

La tendenza al sensation seeking è influenzata anche dalle condizioni ambientali e sociali in cui l’individuo si trova, ma è indubbio che i fattori e le predisposizioni individuali sono imprescindibili.

 

Per quanto riguarda il fatto che l’arte attiri personalità disturbate o estremamente sensibili che cercano di veicolare il loro dolore attraverso di questa, è pure argomento di vari dibattiti.

 

È indubbio che l’arte permetta a una persona di porsi al centro dell’attenzione e attraverso la sua creazione, condividere i propri stati d’animo e sentirsi unico, speciale. E in fondo è quello che ognuno di noi dentro di sé ha bisogno di sentirsi dire.

 

Attraverso l’arte, un individuo riesce a portare fuori parti di sé che difficilmente in altri contesti e situazioni riuscirebbe a fare. L’artista mettendosi al centro della scena fa da tramite fra le sue e le altrui emozioni, permette a chi lo guarda di sfogare quelle emozioni che nella quotidianità vengono negate.

 

Tutto ciò comporta rischio, dolore. L’artista lavora con una materia ineffabile che cambia continuamente, si espone al giudizio degli altri mettendosi a nudo.

 

Questo, in personalità fragili e predisposte non può che portare alla comparsa di disturbi psicopatologici più o meno debilitanti.

 

Inoltre, quando si prendono in considerazione le vite degli artisti, è sempre utile ricordare che le informazioni sulle quali ci si basa spesso provengono dalle biografie ufficiali, e quindi sono sottoposte a revisioni e a travisamenti anche ai fini commerciali quindi è sempre utile non prendere troppo sul serio questi dati.

 

 

Il rapporto fra creatività e disturbi psicopatologici quindi, non è ancora stato del tutto risolto, sappiamo soltanto che è un legame ancestrale e solidissimo, e che forse senza l’uno non ci sarebbe l’altro.

 

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